Ciao Giovanni
Quel ragazzone dalle spalle larghe e dal cuore d’oro. Un amore di persona, un ottimo musicista,
dall’orecchio assoluto… Come si può accettare tutto questo? Le persone, la gente , l’intera
comunità scolastica se lo domandano. La comunità scolastica, per l’appunto. Giovanbattista Cutolo
è stato per cinque anni allievo del “Margherita di Savoia”, il Liceo Musicale nel ventre di Napoli. Di
quella Napoli tanto amata e, al contempo, rifiutata in questa sua immagine – una delle tante e non
l’ultima –, di efferatezza, di quella violenza che solo la ‘banalità del male’ può spiegare, ma non
per questo rendere accettabile. Giovanbattista fu ammesso nella nostra Istituzione nel 2013
presentandosi come pianista; lo strumento affiancato dalla commissione fu il corno, il corno
francese, uno strumento inconsueto nell’immaginazione sonora collettiva dei nostri tempi. Il
corno, l’anima romantica dell’orchestra; il corno, la voce del cuore. E il cuore di Giovanbattista fu,
letteralmente, rapito dal suono evocativo e dal suo timbro stupefacente che ‘lega’ con tutti gli
altri suoni , tanto da adottarlo quale suo strumento di elezione. Un incontro totalizzante quello tra
Giogiò, lo strumento, la musica e il suo maestro. E, in quella classe al terzo piano ammezzato
s’incominciarono a trascorrere ore ed ore, il tempo andava oltre l’orario scolastico fissato, alla
luce di una dedizione assoluta da parte dell’insegnante e del discente: l’uno per l’altro, nel rispetto
della musica, senza soluzione di continuità. Giovanbattista all’epoca era privo di regole, non
possedeva un metodo di studio e, ancor meno, le conoscenze appropriate per iniziare questo
percorso. Ma il cammino era segnato. La scuola, le capacità didattiche e le risorse umane degli
insegnanti, uno su tutti del suo maestro di corno, Luca Martingano, suo mentore e punto di
riferimento assoluti, l’ambiente stimolante di una classe in cui si respirava il talento, costruirono e
spianarono, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, le strade da seguire, la via maestra, gli
orizzonti sonori futuri. Questo il lavoro svolto da un’ istituzione scolastica capace di guardare ai
bisogni, ma anche ai desideri, ai ‘sogni nel cassetto’ degli alunni; una seconda e, a volte, unica
famiglia per i ragazzi. Quando ci si trova di fronte a questa schiacciante crudele realtà ci si
domanda da educatori, da musicisti, se abbiamo sbagliato, e in cosa. Ma la risposta è una sola in
questo caso: la scuola non ha ‘sbagliato’, la scuola , quando è presente come comunità scolastica
inclusiva ‘non può sbagliare’ mai. Piuttosto, si dovrebbe porre maggiore attenzione sul vuoto
vissuto dall’ ‘altra parte’, quella povera e balorda, miserabile e inqualificabile che viveva
indisturbata co’ “o’ fierr’ n’mano”. Questa storia non finisce, non può finire qua. Come ha già
detto un nostro collega, “caro Giogiò, sei partito per una tournée, la più lunga per noi che siamo
rimasti qui ad aspettarti”. Ma la gente civile, le istituzioni non possono più aspettare. Dobbiamo
agire e reagire in modo capillare, con il nostro operato, con la nostra bellezza che, anche se
schiaffeggiata e piangente, è viva. Il sorriso buono di Giovanbattista pesa sulle coscienze di tutti.